IL DIRITTO-DOVERE ALLA FORMAZIONE DEL DIPENDENTE PUBBLICO: LA PA DATORIALE STA PROCEDENDO COME PREVISTO DA LEGGE, DIRETTIVA DEL MINISTRO FUNZIONE PUBBLICA E CCNL?
Valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione. Principi...
IL DIRITTO-DOVERE ALLA FORMAZIONE DEL DIPENDENTE PUBBLICO: LA PA DATORIALE STA PROCEDENDO COME PREVISTO DA LEGGE, DIRETTIVA DEL MINISTRO FUNZIONE PUBBLICA E CCNL?
a cura di Riccardo Lasca
03 Aprile 2025
Il tempo passa in fretta ed è già Aprile. Sarà bene allora ricordare, grazie all’ottima TAVOLA 1 della Direttiva del Ministro Zangrillo del 14.1.2025 diretta genericamente a tutte indistintamente le PP.AA. italiane, esattamente “Alle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001” avente ad oggetto: “Valorizzazione delle persone e produzione di valore pubblico attraverso la formazione. Principi, obiettivi e strumenti”.
Orbene, dalla relativa Premessa, si legge:
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“Lo sviluppo del capitale umano delle amministrazioni pubbliche è al centro della strategia di riforma e di investimento promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR): la formazione e lo sviluppo delle conoscenze, delle competenze e delle capacità delle persone costituiscono uno strumento fondamentale nella gestione delle risorse umane delle amministrazioni e si collocano al centro del loro processo di rinnovamento[1].
Il disegno (((=la programmazione))) e la concreta ed efficace attuazione delle politiche di formazione del personale sono una delle principali responsabilità del datore di lavoro pubblico e della dirigenza pubblica che ne esercita per legge le funzioni, specialmente quando preposta ad uffici dirigenziali con competenze generali in materia di gestione del personale.
È compito del dirigente (((= di qualunque Dirigente!!!))) gestire le persone assegnate, sostenendone lo sviluppo e la crescita professionale.
La promozione della formazione costituisce, quindi, uno specifico obiettivo di performance di ciascun dirigente che deve assicurare la partecipazione attiva dei dipendenti alle iniziative formative[2], in modo da garantire il conseguimento dell’obiettivo del numero di ore di formazione pro-capite annue, a partire dal 2025, non inferiore a 40, pari ad una settimana di formazione per anno.
Alivelloorganizzativo,ilrafforzamentodellepolitichediformazionepassa,innanzitutto,attraverso
> il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), per tutte le amministrazioni tenute ad adottarlo,
> ovvero (((per il caso del non assoggettamento al PIAO))) in diversi, specifici, atti di programmazione.
In tali documenti (((di programmazione))), le amministrazioni sono chiamate a declinare le priorità strategiche in termini di riqualificazione o potenziamento delle competenze del personale per livello organizzativo e per filiera professionale, le risorse interne ed esterne attivabili ai fini delle strategie formative, le misure volte ad incentivare e favorire l’accesso ai percorsi di istruzione e qualificazione, gli obiettivi e i risultati attesi della formazione[3].”
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Come ben si comprende già dalla Premessa questo “capitale” umano delle PPAA deve essere valorizzato, curato attraverso lo strumento della FORMAZIONE ed è evidentissimo come con detta Direttiva anche la formazione generica diventa obbligatoria nella misura minima di 40 ore annue e si affianca a quella già obbligatoria per espressa previsione di legge (talvolta senza indicazioni orarie, quali ad esempio quella in materia di Anticorruzione e Trasparenza; talvolta anche con esatti contigenti orari minimi annui come quella in materia di CREDITI FORMATIVI secondo le previsioni dei relativi ordini porfessionali cui sono iscritti comunque, per legge, i dipendenti pubblici).
Poco più avanti il Ministro precisa:
“In termini più generali, la disciplina del PIAO stabilisce che gli obiettivi formativi annuali e pluriennali devono essere “finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management, al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali”[4].”
Insomma, queste minime 40 ore annue rappresentano una nuova FORMAZIONE OBBLIGATORIA MINIMA GENERICA. La stessa direttiva così ne identifica al § 3 le usuali 5 occasioni in cui allocarla, così:
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“Le amministrazioni devono pertanto sostenere la crescita delle persone e lo sviluppo delle loro competenze in tutte le fasi della loro vita lavorativa:
a) in fase di reclutamento, prevedendo la c.d. “formazione iniziale”, che precede l’assunzione, oppure interviene immediatamente dopo, ma tendenzialmente prima che il dipendente assuma effettivamente e completamente le funzioni della propria qualifica[5]. Le amministrazioni devono curare particolarmente il processo di inserimento del personale neoassunto (onboarding), predisponendo percorsi formativi che combinino il trasferimento di conoscenze e competenze tecniche con azioni di affiancamento e mentoring volte ad accelerare e consolidare il processo di socializzazione organizzativa;
b) nei casi in cui il dipendente venga adibito a nuove funzioni o mansioni, per effetto di processi di mobilità, volontaria o obbligatoria[6];
c) nelle progressioni professionali e ai fini dell’attivazione delle c.d. “elevate professionalità”[7], considerata la rilevanza delle attività formative ai fini dello sviluppo professionale del dipendente che vi prende parte. In questo caso, la formazione attiva un circolo virtuoso e assolutamente decisivo per colmare i gap di competenze nelle amministrazioni; per un verso, incentiva i dipendenti a rispettare il proprio dovere di formarsi al fine di cogliere le opportunità di carriera; per l’altro verso, incentiva l’amministrazione e i suoi dirigenti a rispettare scrupolosamente tutti i propri obblighi di cura della formazione professionale del personale dipendente, che, diversamente, subirebbero un pregiudizio illegittimo e un danno professionale suscettibile di esporre il dirigente inerte alle responsabilità già richiamate;
d) in concomitanza con l’adozione di processi di innovazione che impattano su strumenti, metodologie e procedure di lavoro, fino alle aspettative di ruolo, in modo da agevolare la promozione e attuazione del cambiamento e al contempo contribuire alla crescita complessiva del sistema di competenze dell’amministrazione. Rientrano in quest’ambito, in particolare, i processi di innovazione innescati dal PNRR, relativi alle transizioni digitale, ecologica e amministrativa (par. 4);
e) continuamente, durante l’intero percorso lavorativo delle persone per tutta la sua durata (life-long learning). L’investimento delle amministrazioni nella promozione di processi di apprendimento continuo permette alle persone di acquisire competenze aggiornate che possono portare a miglioramenti nei processi, innovazioni nei servizi e modelli di erogazione più efficaci; attraverso programmi di formazione mirati, le persone possono essere messe nelle condizioni migliori per sviluppare autonomamente nuove ipotesi di soluzioni alle domande e ai bisogni di persone e comunità qualificandosi come agenti di cambiamento all'interno delle proprie amministrazioni.
Ora attenzione alle conseguenze di questa nuova FORMAZIONE OBBLIGATORIA MINIMA: il Ministro correttamente precisa:
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“Al carattere di obbligatorietà della formazione sono associati specifici profili di responsabilità.
Innanzitutto, il dirigente, specialmente se preposto ad uffici dirigenziali con specifiche competenze in materia di gestione del personale – e segnatamente di formazione – può incorrere in responsabilità ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 165 del 2001 (responsabilità dirigenziale), nelle due forme della inosservanza delle direttive (((I))) e del mancato raggiungimento dei risultati.(((III)))
Per quanto attiene al primo profilo (((I))), la responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive discende dalla violazione o il mancato rispetto degli obblighi di curare la formazione dei dipendenti (circostanza, questa, che, come noto, espone il dirigente al mancato rinnovo dell’incarico o, nei casi più gravi, alla revoca dello stesso o addirittura al recesso).
Per quanto riguarda, invece, la responsabilità dirigenziale per il mancato raggiungimento degli obiettivi (((II))), accertato attraverso le risultanze del Sistema di misurazione e valutazione della performance (SMVP), si ricorda che tale sistema, secondo il d.lgs. n. 150 del 2009, è finalizzato anche “alla crescita delle competenze professionali” (art. 3) e concerne, fra l’altro, “la modernizzazione e il miglioramento qualitativo dell'organizzazione e delle competenze professionali” (art. 8).
Queste disposizioni chiariscono che il raggiungimento, da parte delle amministrazioni, degli obiettivi delle politiche formative è un ambito necessariamente monitorato dal SMVP e che, dunque, l’eventuale accertamento del mancato raggiungimento di tali obiettivi rileva ai fini della responsabilità dirigenziale per i risultati della gestione, con le medesime conseguenze sanzionatorie previste in caso di inosservanza delle direttive, ma non solo.
Va aggiunto, infatti, che i risultati negativi della gestione, incluso il mancato raggiungimento degli obiettivi delle politiche e dei programmi formativi, accertati da parte dell’Organismo indipendente di valutazione della performance-Nucleo di valutazione e nel quadro del SMVP, espongono il dirigente, cui tali risultati negativi siano imputabili, ad ulteriori conseguenze, anche sul piano della corresponsione del trattamento accessorio collegato ai risultati stessi, ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 165 del 2001[8].
Le disposizioni inerenti alla obbligatorietà della formazione sottolineano come la formazione e lo sviluppo delle competenze del personale pubblico siano state pensate, di volta in volta, come imprescindibili azioni di accompagnamento e promozione di specifici processi di riforma e di innovazione, dai quali si attendevano significativi elementi di discontinuità in termini di performance pubbliche.
Il requisito di obbligatorietà della formazione denota, quindi, sostanzialmente, il suo carattere di necessità.”
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Chi scrive ha sempre tradotto l’obbligatorietà prevista dalla legge quale un onere o meglio un dovere per la PA imposto dalla legge : ergo era ed è pacifico che sia una “necessità” !!!
Non resta che concludere, quale utile pro-memoria generale riportando la Tavola 1 inserita in detta Direttiva del 14.1.2025, auspicandone la piena e rigorosa attuazione di tutte le attività ivi previste per i distinti soggetti (destinatari: v. colonna 1 “Soggetti”: non manca nessuno!):
Tavola1 –Ruoli eprofili di responsabilitàin materia di programmazione, organizzazione, erogazione e fruizione della formazione
Soggetti |
Ruolo, attività e profili di responsabilità |
Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 |
· Definiscono, nel PIAO (ove previsto, ovvero in altro documento di programmazione), politiche e programmi formativi per l’attuazione dei principi e degli obiettivi del PNRR in materia di formazione, delle norme e degli atti di indirizzo emanati dal Ministro per la pubblica amministrazione, in coerenza con la propria missione istituzionale e con i propri fabbisogni, riportando per ciascuno degli interventi formativi previsti le informazioni minime di cui al successivo par. 6 · Sono collettivamente responsabili del conseguimento dei target PNRR in materia di formazione · Assegnano a ciascun dirigente, quale obiettivo annuale di performance, la formazione per 40 ore/anno, a partire dal 2025, prioritariamente sui temi della leadership e delle soft skills · Promuovono la formazione dei propri dipendenti (obiettivo di 40 ore/anno, a partire dal 2025) · Si registrano sulla Piattaforma Syllabus e abilitano tutti i dipendenti alla fruizione corsi · Attivano ulteriori interventi formativi a valere sulle proprie risorse e/o sui finanziamenti del PNRR, ricorrendo a soggetti istituzionali o ad operatori di mercato · Monitorano e rendicontano l’attuazione dei programmi formativi e ne valutano risultati e impatti in termini di crescita delle persone, performance individuale e organizzativa e valore pubblico |
Dipartimento della funzione pubblica |
· Mette a disposizione di tutti i dipendenti percorsi formativi per lo sviluppo delle competenze sulle cinque aree strategiche di sviluppo del capitale umano (leadership, competenze manageriali e soft skills di dirigenti e dipendenti; transizione amministrativa; transizione digitale; transizione ecologica; valori e principi delle amministrazioni pubbliche) · Finanzia programmi formativi delle amministrazioni, non sovrapponibili all’offerta Syllabus · Supporta l’accesso dei dipendenti pubblici a percorsi formativi universitari (PA 110 e lode) |
Responsabili della gestione delle risorse umane (e della formazione) |
· Concorrono alla definizione dei programmi formativi della propria amministrazione · Promuovono e attuano interventi formativi in modo da conseguire gli obiettivi programmati nel PIAO o in altro documento di programmazione (responsabilità dirigenziale ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n.165 del 2001) · Abilitano il personale, direttamente o tramite un proprio delegato, ai percorsi formativi disponibili sulla piattaforma Syllabus e ne promuovono e monitorano la fruizione nei tempi programmati e, in ogni caso, in coerenza con le esigenze funzionali all’attuazione del PNRR · Sono responsabili del conseguimento degli obiettivi formativi generali e specifici dell’amministrazione e ne rendicontano i risultati |