IL PUBBLICO DIPENDENTE TRA LA DICHIARAZIONE GENERALE INIZIALE DI ASSENZA DI CONFLITTO DI INTERESSI E LA VALUTAZIONE QUOTIDIANA DELL’ASSENZA DI CONDIZIONI DI CONFLITTO DI INTERESSI
IL PUBBLICO DIPENDENTE TRA LA DICHIARAZIONE GENERALE INIZIALE DI ASSENZA DI CONFLITTO DI INTERESSI E LA VALUTAZIONE QUOTIDIANA DELL’ASSENZA DI CONDIZIONI DI CONFLITTO DI INTERESSI
09 Settembre 2024
00 – LA DISCIPLINA E GESTIONE NAZIONALE DEL CONFLITTO DI INTERESSI.
Scrive l’ANAC in materia in via generalissima (sistematica) quanto segue al § 1.4 del PNA 2019 (Delibera n. 1064 del 13 novembre 2019):
“1.4 Conflitto di interessi
La tutela anticipatoria di fenomeni corruttivi si realizza anche attraverso la individuazione e la gestione del conflitto di interessi. La situazione di conflitto di interessi si configura laddove la cura dell’interesse pubblico cui è preposto il funzionario potrebbe essere deviata per favorire il soddisfacimento di interessi contrapposti di cui sia titolare il medesimo funzionario direttamente 47 o indirettamente. Si tratta dunque di una condizione che determina il rischio di comportamenti dannosi per l’amministrazione, a prescindere che ad essa segua o meno una condotta impropria (19).
(…)
Il tema della gestione dei conflitti di interessi è espressione del principio generale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. Esso è stato affrontato dalla l. 190/2012, con riguardo sia al personale interno dell’amministrazione/ente sia a soggetti esterni destinatari di incarichi nelle amministrazioni/enti, mediante norme che attengono a diversi profili quali:
- l’astensione del dipendente in caso di conflitto di interessi (((vedasi DPR 62/2013 artt. 6,7,13,14 e art. 6bis L 241/1990 in via generale)));
- le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso enti privati in controllo pubblico, disciplinate dal d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39 (cfr. infra § 1.5. “Le inconferibilità/incompatibilità di incarichi”);
- l’adozione dei codici di comportamento (cfr. infra § 1.3. “I doveri di comportamento”);
- il divieto di pantouflage (cfr. infra § 1.8. “Divieti post-employment”);
- l’autorizzazione a svolgere incarichi extra istituzionali (cfr. infra § 1.7. “Gli incarichi extraistituzionali”);
- l’affidamento di incarichi a soggetti esterni in qualità di consulenti ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 (cfr. infra § 1.7. “Gli incarichi extraistituzionali”). ”
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(19) Cfr. Cons. Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, parere n. 667 del 5 marzo 2019 sullo schema di linee guida di ANAC aventi ad oggetto «individuazione e gestione dei conflitti di interessi nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici», in attuazione dell’art. 213, co. 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50
Orbene, leggendo attentamente il DPR 62/2013 (“Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ”), fonte normativa ‘dedicata’ alla materia di cui alla materia di cui al titolo, in particolare gli articoli 6 e 7, si evince chiamente che il pubblico dipendente nell’esercizio delle sue funzioni/mansioni non può versare in condizioni di CONFLITTO DI INTERESSE rispetto all’interesse pubblico perseguito dall’attività/funzione/procedimento che lo stesso è chiamato a svolgere, pena la violazione in primis del principio di IMPARZIALITA’ dell’azione della PA sancito nientemeno che dall’art. 97 COST.
Se non si astiene, quando dovrebbe astenersi, la’tto adottato non è semplicemente irregolare ma ILLEGITTIMO! A buon intenditor…. . MA siccome non tutti i dipendenti pubblici hanno ben presente i confini e le varie sfaccettature della materia del CONFLITTO DI INTERESSI e spesso la modulistica che ci viene sottoposta è non proprio allineata alla normazione afferente o comunque è ben poco chiara/esaustiva, allora ben venga questa disamina scolastica ma esaustiva.
QUALE DICHIARAZIONE E QUANDO ?
- A) in primis (v. art. 6 ivi) DEVE RENDERE PER ISCRITTO ALLA P.A. SEMPRE E COMUNQUE TALE DACHIARAZIONE all’ATTO PRIMA ASSUNZIONE IN SERVIZIO in assoluto con immancabile ASSEGNAZIONE (la norma recita “all'atto dell'assegnazione all'ufficio, ”) ad una data Unità Operativa (avente una serie di competenze amministrative: per il Dirigente neassunto evidentemente il riferimento alla struttura è esattamemte al Servizio/Settore a capo del quale lo stesso viene incardinato quale “Responsabile” operante quale organo preposto “alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore di lavoro” come recita l’art. 5 del D.Lgs. 165/2001 = TUPI); indubbiamente, come si ricava dall’incipit del comma 1 del cit. art. 6 E’ UN OBBLIGO (recte DOVERE!!!) DI TRASPARENZA (“1. Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, …..”) e IL DOVER RENDERE DICHIARAZIONE, assai responsabilizzante ove resa formalmente - nonostante il silenzio del DPR 62/2013 - anche ai sensi e per gli effetti (sanzioni penali incluse in caso di dichiarazione mendace!) dell’art. 76 del DPR 445/2000 rapresenta una MISURA evidentemente in funzione ANTICORRUTTIVA: la stessa ANAC la inserisce in sede di PNA tra le MISURE GENERALI in funzione anticorruzione in via preventiva ex lege/DPR normate.
Stessa identica dichiarazione va resa ovviamente se ...SI CAMBIA STRUTTURA (Unità Operativa anche intra stesso Servizio/Settore; o per il Dirigente altro Servizio/Settore).
Attenzione: nessuna norma del DPR 62/2013 impone di rendere tale specifica dichiarazione (attinente ai cd interessi finanziari) anche ‘annualmente’ !!!
Caso a sé rappresenta la dichiarazione annuale di assenza di cause di incompatibilità ovviamente per conflitto di interessi latu sensu ex lege presunto di cui al D.Lgs. 39/2013 art. 20 comma 2 (“2. Nel corso dell'incarico l'interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di incompatibilita' di cui al presente decreto.”), mentre l’assenza di quelle di inconferibilità sempre ex D.Lgs. 39/2013 vanno rese similmente alle predette generali una tantum esattamente “All'atto del conferimento dell'incarico…” (meglio prima della sua firma, ovviamente: chi istruisce ...lo sa !) come recita il relativo art. 20 comma 1 e giustamente ex stesso D.Lgs. art. 40 comma 4: “4. La dichiarazione di cui al comma 1 e' condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.”!
Ai sensi dell’art. 13 comma 3 del DPR 62/2013 la dichiarazione (di cui sopra) dei Dirigenti viene così integrata: “3. Il dirigente, prima di assumere le sue funzioni, comunica (((CON DICHIARAZIONE SCRITTA E SOTTOSCRITTA EX ART 76 DPR 445/2000))) all'amministrazione le partecipazioni azionarie e gli altri interessi finanziari che possano porlo in conflitto di interessi con la funzione pubblica che svolge e dichiara se ha parenti e affini entro il secondo grado, coniuge o convivente che esercitano attivita' politiche, professionali o economiche che li pongano in contatti frequenti con l'ufficio che dovra' dirigere o che siano coinvolti nelle decisioni o nelle attivita' inerenti all'ufficio. Il dirigente fornisce le informazioni sulla propria situazione patrimoniale (((AGGIORNANDOLA SE VARIA))) e le dichiarazioni annuali dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche previste dalla legge.”
In tutti i casi di cui sopra sub lettera A) l’interessato SI LIMITA A RENDERE LA DICHIARAZIONE e la PA VALUTA IL DA FARSI E PROCEDE MOTIVATAMENTE CON ATTO FORMALE.
- B) poi DEVE quotidianamente (v. art. 7 ivi; ma ante DPR 62/2013 vedasi art. 6bis[1] della L. 241/1990) nel lavorare (es. mera istruttoria di una pratica; l’essere RdP di una pratica; firmare un provvedimento quale Dirigente, ma anche compiere mere attività materiali: la norma recita “all'adozione di decisioni o ad attività”) VALUTARE (PONDERARE CON ATTENZIONE) se con il destinatario materiale di tali decisioni/attività il pubblico dipendente agente versi in uno qualsiasi dei casi tipizzati di conflitto di interessi dall’art. 7 del DPR 62/2013 non esclusa
> la verifica, in caso di nomina a membro di commissione di concorso, se ricorrano le cause che indurrebbero un Giudice ad astenersi: vedasi all’art. 11 - recentemente novellato dal DPR 82/2023 - del DPR 487/1994 il rinvio oggi al solo art. 51 c.p.c. (!!!)
>> la verifica della situzione agevolmente (in concreto individuabile!) di esistenza di (non definibili ex ante normativamente) “gravi ragioni di convenienza” (ne basta solo una !!!) a che ci si astenga da tali decisioni/attività;
quindi RENDERE e-v-e-n-t-u-a-l-m-e-n-t-e al proprio superiore (Dirigente; per il Dirigente o per altri casi un soggetto all’uopo pre-indicato dal Regolamento della PA = Codice di comportamento aziendale!) PER ISCRITTO LA DICHIARAZIONE DI ASTENSIONE ma solo ed esclusivamente se ricorra una o più delle predette situazioni tipizzate che impongono l’astensione. Come recita il cit. art. 7, poi “Sull'astensione (((RECTE: SULLA DICHIARAZIONE DI ASTENSIONE))) decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza”: 1) ovviamente decide immediatamente, no entro 30gg ex L. 241/1990; 2) e decide parimenti sempre per ISCRITTO, mai a voce, trattandosi di attività pubblicistica della PA.
Il DOVERE DI ASTENERSI DA SUBITO COMUNQUE ANTE DICHIARAZIONE DI ASTENSIONE è sancito dal comma 2 dell’art. 6 cit. che evidentemente riproduce l’art. 6bis della L. 241/1990: “2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attivita' inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto puo' riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.”
Attenzione: il DPR 62/2013 assolutamente non impone al pubblico dipendente di rendere quotidianamente per ogni pratica dichiarazioni formali di assenza di condizioni determinanti il dovere di astenersi, che a rigore sarebbero anzi s-o-n-o s-o-l-o q-u-e-l-l-e d-e-l-l’art. 7 e non anche dell’art. 6 cit. !!!
In tutti i casi di cui sopra sub lettera B) è l’interessato quindi CHE VALUTA TRA SE’ E SE’ IN CHE CONDIZIONE E’ e se del caso innanzitutto SI ASTIENE SUBITO e nel contempo RENDE LA DICHIARAZIONE DI ASTENSIONE MOTIVATA alla PA. La PA (il suo Dirigente) ne prende atto e valuta LA RILEVANZA, L’INCIEDENZA E IL DA FARSI (ad es. in caso di atti a contenuto obbligatorio ben potrebbe confermare il dichirante nelle funzioni di RdP etc. ovvero assegnare ad altro dipendente tale ruolo o a se stesso) e RISPONDE PER ISCRITTO immediatamente, sempre !
QUALI ‘CONDIZIONI’ DI CONFLITTO DI INTERESSI ?
Chi, addetto ai lavori, redige per i propri colleghi i fac simile delle due suddette DIVERSE dichiarazioni tipo (v. sopra A e B) da rendersi, sempre (caso A) o solo quando serve (caso B), lavorando scrupolosamente ben dovrebbe ‘esplodere’ a chiare note in detti modelli di dichiarazione, ma con semplici copia/incolla, esattamente tutte le condizioni di conflitto di interesse normativamente stabilite, atteso che il mero rinvio alle fonti normative non per tutti i destinatari è esaustivo e/o illuminante anche se muniti di laurea.
Vediamole quindi S-E-P-A-R-A-T-A-M-E-N-T-E.
Quanto a quelle GENERALI (INCIDENTI SU QUALUNQUE ATTIVITA’ DELLA PA) sub A) sopra eccole, le espone chiaramente l’art. 6 del DPR 62/2013 ed evidentemente ove sussistenti agiscono in via preventiva sulla PA determinando la corretta allocazione del dipendendente all’interno della PA intesa sia in termini ORGANIZZATIVI (in che Servizio/UO mertterlo) sia in termini GESTIONALI (a quali procedimenti adibirlo: come mero istruttore ma anche quale RdP):
VANNO ESATTAMENTE DICHIARATI :
> IN VIA GENERALE SEMPLICEMENTE “tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione (((molte PA leggono e scrivono: ‘collaborazione, consulenze o comunque denominati’: ci può stare!))) con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che l-o s-t-e-s-s-o (((solo lui; non anche suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente: lo vieta la PRIVACY, PER ESSI MANCA LA BASE GIURIDICA = NON SI POSSONO TRATTARE !!!))) abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando:..”
POI IN RIFERIMENTO AI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE DI CUI SOPRA OVE DICHIARATI SUSSISTENTI
[ ta) ] a) se in prima persona (((proprio lui))), o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora (((in atto: solo quelli in atto al momento della dichiarazione che viene resa))) rapporti finanziari con il soggetto con cui (((lui, il dichairante))) ha avuto (((in passato: ma solo entro i tre anni ante data dichiarazione))) i predetti rapporti di collaborazione;
[ tb) ] b) se tali rapporti (((di collaborazione))) siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attivita' o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate.” : tale aspetto specifico, eventuale, va dichiarato poi in tb) cioè dopo la dichiarazione ta)! Quindi è possibile che detti rappporti di collaborazione remunerati lui stesso il dichiarante li ha avuti/li ha tutt’ora o in via diretta detti soggetti li abbiano ancora in atto ma essi non intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attivita' o decisioni inerenti all'ufficio, limitatamente alle pratiche affidate al dichiarante: ma ciò non esime dal dichiararli ut lett. a) esige in via generale!!!
Trattasi evidentemente solo di situazioni generanti “rapporti f-i-n-a-n-z-i-a-r-i” quindi reddito e dunque attività svolte dall’esecutore “a titolo oneroso” come letteralmente pure recita/precisa la norma (svolte/rese ‘in bianco’ ovviamente; quelle ‘in nero’ vengono praticate a rischio e pericolo dei due soggetti - incaricante/remunerante ed esecutore - e mai e poi mai in pratica le si rinviene rese alla PA: equivarrebbero ad una denuncia !!!), non anche dunque quelle quindi a titolo gratuito, anche se a ben vedere[2] gli stessi citati rapporti pur se non remunerati comunque potrebbero essere p-o-t-e-n-z-i-al-m-e-n-t-e generanti situzioni di conflitto di interesse, aspetto questo della ‘potenzialità’ evidenziato prima dal L 241/1990 in art. 6bis, e poi anche dal DPR 62/2013 ma non nell’art. 7 ma al comma 2 dell’art. 6 (ove evidentemente stona: non collima neppure con la rubrica!): è indubbio, comunque, che tratterebbesi - per dirla col DPR 487/1994 - di oggettive “gravi ragioni di convenienza”che inquinano la trasparenza che deve connotare l’azione della PA ex art. 97 COST = IMPARZIALITA’ in primis !!!. Comunque deve essere un reddito connesso a “rapporti di collaborazione con soggetti privati” : tale non sono giuridicamente ad es. gli utili o i dividendi azionari pur generando reddito, anche se qualche PA anche tali redditi considera.[3] Si rileva come lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 6 cit siano una esplicitazione (precisazione) della condizione inquinante indicata dal suo stesso primo periodo: “rapporti di collaborazione con soggetti privati”.
Allora perché nella pratica/in concreto in molte PA rilevano (vengono inseriti in relativa dichiarazione) anche i rapporti a titolo gratuito???
Poi ve ne sono di SPECIALI (INCIDENTI SOLO SU ALCUNE SPECIFICHE ATTIVITA’/FUNZIONI DELLA/SVOLTE PRESSO PRESSO LA PA) quali quelle:
- ex art. 35bis comma 1 TUPI: “1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale: a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi; b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonche' alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati; c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonche' per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.”
- ex DLgs. 39/2013: condizioni di INCONFERIBILITA’ / di INCOMPATIBILITA’ per l’espletamento di determinate cariche/incarichi pubblici: si rinvia alla lettura di tale D.Lgs.;
- ex L. 97/2001, artt. 3 commi 1-4 e 4: Articolo 3 (Trasferimento a seguito di rinvio a giudizio) + Articolo 4 (Sospensione a seguito di condanna non definitiva).[4]
Quanto a quelle sub B) sopra, eccole, le espone chiaramente quanto s-e-p-a-r-a-t-a-m-e-n-t-e sia l’art. 6 comma 2 sia l’art. 7 del DPR 62/2013:
ART: 6/2 comma 2: il “prendere decisioni o svolgere attivita' inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado.
Il conflitto puo' riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall'intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici”
ART. 7 : il “partecipare all'adozione di decisioni o ad attivita' che possano coinvolgere (((anche))) interessi
propri (((cioè del dipendente in prima persona))),
ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, (((praticamente gli stessi soggetti del comma 2 art. 6 !!!)))
oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale,
ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia
causa pendente
o grave inimicizia
o rapporti di credito o debito significativi,
ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente,
ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, societa' o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente.
in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. (((condizione aperta FINALE)))
+ per la nomina a membro di commissione di concorso[5] le condizioni che ex art. 51 c.p.c. impongono al Giudice di astenersi esattamente consistenti in questo (leggere mutatis mutandis pro attività della commissione di concorso):
“Il giudice ha l'obbligo di astenersi [disp. att. 78]:
1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto;
2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado [o legato da vincoli di affiliazione], o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori;
3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori;
4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio [82] nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro [810] o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico [61];
5) se è tutore, curatore [c.c. 343, 392], procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta [36