INQUADRAMENTO DIRETTO A MEZZO MOBILITA’ PRIVILEGIATA: POSSIBILE, MA NON E’ UNA ASSUNZIONE NOMINATIVA DIRETTA INTUITU PERSONAE
INQUADRAMENTO DIRETTO A MEZZO MOBILITA’ PRIVILEGIATA: POSSIBILE, MA NON E’ UNA ASSUNZIONE NOMINATIVA DIRETTA INTUITU PERSONAE
Nel pubblico impiego contrattualizzato, anche se tale, est modus in rebus sempre ex art. 97 Costituzione.
16 Settembre 2024
Nel pubblico impiego contrattualizzato, anche se tale, est modus in rebus sempre ex art. 97 Cost.!
Recentemente nel 2024 l’autore Fadda L. ha scritto[1] un FOCUS su “Comando e Distacco” nell’ambito del Pubblico Impiego latu sensu precisando testualmente quanto segue sul comando:
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Il Comando
Il comando propriamente detto (talora denominato “di diritto pubblico”: Cass., Sez. L, n. 17842 dell’8 settembre 2005) è stato disciplinato, innanzitutto, dall’art. 56[2] del T.U. n. 3 del 1957
La nozione di comando evincibile dalla citata norma descrive il fenomeno per cui il pubblico impiegato, titolare di un posto di ruolo presso una Pubblica Amministrazione, viene temporaneamente a prestare servizio presso altra Amministrazione o presso altro ente pubblico e importa:
· l’obbligo di prestare servizio presso un ufficio o un ente diverso da quello di appartenenza
· la dispensa dagli obblighi di servizio verso l’Amministrazione di origine.
Perchè si usa il comando
Il collocamento nella posizione di comando va considerato un istituto di carattere straordinario: la possibilità di disporre il comando di un impiegato presso altra Amministrazione statale o presso enti pubblici è prevista in via eccezionale e di fronte ad esigenze che ne giustifichino l’adozione.
Nel pubblico impiego privatizzato le esigenze che rilevano, con riguardo al comando, sono quelle dell’Amministrazione di destinazione (Cass., Sez. L, n. 12100 del 16 maggio 2017) che, pertanto, assume i poteri di gestione del rapporto di lavoro in forza dell’imperatività del provvedimento: ne deriva che non possono gravare sul datore di lavoro distaccante gli oneri economici direttamente connessi all’attività prestata presso l’amministrazione di destinazione, titolare dell’interesse primario al comando, salva una diversa e specifica previsione di legge che diversamente disponga (Cass., Sez. L, n. 17842 dell’8 settembre 2005).
(...)
L’assegnazione termporanea di personale
Occorre tenere conto che possono esservi delle ipotesi specificamente regolate dalla legge con una disciplina ad hoc.
Infatti, il comando, oltre ad essere oggetto della regolamentazione di cui agli artt. 56 del d.P.R. n. 3 del 1957 e 70, comma 12, del d.lgs. n. 165 del 2001, è, poi, contemplato anche dall’art. 30, comma 2 sexies, del d.lgs. n. 165 del 2001, ai sensi del quale “Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all’articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermo restando quanto già previsto da norme speciali sulla materia, nonché il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto”.
Questa assegnazione temporanea, di cui parla il citato art. 30, comma 2 sexies, consiste sempre in un comando.
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Tutto bene e condivisibile quello che sta scritto sopra il citato Autore, MA, c’è un MA o meglio una MANCANZA in termini di comparazione quanto ai presupposti del comando ex art 56 DPR 3/1957 e quelli (relativamente NUOVI !!!) ex art. 30 comma 2-sexies[3] del D.Lgs. 165/2001 (Tupi). Chi ha ben letto la nota n. 2 avrà già inteso. Ma infra emerge anche altra differenza non evidenziata. Andiamo con ordine.
Leggiamo, innanzitutto, bene l’incipit (= condizione giuridica di legittimità di detta ‘assegnazione temporanea”) di detto oggi vigente comma 2-sexies: “Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all’articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, (…)”.
Non si nota nessuna differenza col comando ex art. 56 DPR 3/1956 attivabile semplicemente per “Il comando è disposto, per tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza.”?
Certo che sì: suvvia! Il comando ex DPR 3/1957 implicava al comandato la consegna di biglietto di andata e poi di sicuro ritorno alla PA datoriale originaria (quella titolare del cd rapporto di impiego e anche d’ufficio visto dalla prospettiva della PA: mentre quello di servizio il comandato lo ha con l’altra PA ove viene comandato[4]); mentre col comando realizzato a mezzo assegnazione temporanea ex art 30 co. 2-sexies Tupi, stante il tenore tassativo del comma 2bis ivi (“2-bis. Le amministrazioni, prima di procedere all'espletamento di procedure concorsuali, finalizzate alla copertura di posti vacanti in organico, devono attivare le procedure di mobilità di cui al comma 1, provvedendo, in via prioritaria, all'immissione in ruolo dei dipendenti, provenienti da altre amministrazioni, in posizione di comando o di fuori ruolo, appartenenti alla stessa area funzionale, che facciano domanda di trasferimento nei ruoli delle amministrazioni in cui prestano servizio. Il trasferimento è disposto, nei limiti dei posti vacanti, con inquadramento nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta presso le amministrazioni di provenienza; il trasferimento puo' essere disposto anche se la vacanza sia presente in area diversa da quella di inquadramento assicurando la necessaria neutralita' finanziaria”) il biglietto può anche essere di sola andata: senza cioè ritorno alla PA datoriale originaria, ma con successivo transito (passaggio) definitivo all’altra PA. con “immissione” diretta nel ruolo di tale seconda PA utilizzatrice.
Sino al 23.11.2010, cioè ante art. 13 co. 2 L. 183/2010, che ha introdotto detto comma 2-sexies, davvero anche per i dipendenti pubblici contrattualizzati il comando veniva praticato di fatto ex art. 56 DPR 3/1957 secondo una prassi ritenuta legittima semplicemente (lo si vuole sperare !!!) per motivate esigenze di servizio, ovvero senza necessità di posto vacante e men che meno di previsione di assunzione in ruolo e di fatto sine die, nonostante la norma dicesse e dica tutt’ora “per tempo determinato e in via eccezionale”!!! Semplicemente una PA (B) chiedeva (spesso indicando anche il dipendente, che usualmente anticipava l’operazione con una sua lettera in cui si dichirava disponibile al comando alla futura PA utilizzatrice!) ad altra PA (A) il comando di una data risorsa umana per X mesi/anni, poi approssimandosi la scadenza chiedeva la proroga etc., e così per anni interi una stessa risorsa umana stava coi piedi di fatto e di diritto su ben due posti di Dotazione Organica: invero, giuridicamente perdurando il comando il suo posto in PA (A) era giuridicamente coperto e quindi indisponibile pro assunzioni, ma il titolare era assente fisicamente (magari sostituto da precario!), mentre presso la PA (B) di fatto stava o meglio svolgeva – accadeva spesso così di prassi – le funzioni lavorative di competenza di un dato posto di DO vacante. Situazione insostenibile, da qui l’arrivo il 24.11.2010 del severo comma 2-sexies propedeutico all’attivazione dell’immissione in ruolo ex comma 2-bis, che adire il vero aveva anticipato di 5 anni (trattasi di comma inserito dall' articolo 5, comma 1-quater del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.) detto comma 2-sexies nell’intento di far si che la PA (B) sistemasse i fuori posto a beneficio anche della PA (A) che si vedeva liberare i posti fittiziamente coperti dai suoi comandati, ma con titolari assenti da anni (es. Tizio titolare pressa Agenzia delle Entrate di Torino, ma comandato da 10 anni presso Ministero beni culturali sede di Siracusa !!!). Arrivato detto comma 2-sexies il cerchio si chiude e le PP.AA. italiane possono, nell’arco massimo di tre anni, hanno chiarezza organizzativo gestionale!
Una piccola differenza? Fate Voi!
Altra differenza (la seconda!, ma) intervenuta solo a valere dal 2013, taciuta dall’autore Fadda cit. (v. nota 1): mentre il comando ex DPR 3/1957 il dipendente comandato addirittura LO POTEVA E PUO’ TUTT’ORA SUBIRE (E’ UN ORDINE DI SERVIZIO !!!) SENZA NULLA POTER OBIETTARE[5], dal 2012 questo non può (più) accadere col comando per assegnazione temporanea ex art. 30 comma 2-sexies Tupi perché, GRAVISSIMAMENTE EXTRA TUPI, il Legislatore italiano, con l'articolo 1, comma 413, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha così disposto : “413. A decorrere dal 1° gennaio 2013, i provvedimenti con i quali sono disposte le assegnazioni temporanee del personale tra amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 30, comma 2-sexies, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono adottati d'intesa tra le amministrazioni interessate, con l'assenso dell'interessato.”
Ma, ora, ragioniamo meglio pro TRASPARENZA e ANTICORRUZIONE, consideriamo più approfonditamente sugli effetti del combinato disposto commi 2-sexies + 2bis dell’art. 30 del Tupi, venendo alla questione giuridica che più interessa lo scrivente di cui al titolo, occupandomi stabilmente di anticorruzione e di trasparenza, dopo più d’un ventennio dedicato alla gestione del personale del pubblico impiego contrattualizzato (sia in trincea intra PA che come Docente/Relatore ed Autore, veste attuale).
L’inciso “con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti,” di cui al citato comma 2-sexies (v. nota 3) è un evidente ordine alle PA: esse devono disciplinare a mezzo regolamenti l’attivazione di questo istituto !!! Senza tale Regolamentazione (delibera di Giunta ad es. nei Comuni) l’attivazione del comando è illegittima: perché esattamente?
Molto semplice, ci si ponga questa illuminante domanda: attesi gli effetti possibili ex art. 30 comma 2-bis presso la PA utilizzatrice[6] a fronte di un comando in atto, fermo restando ad oggi che
> alla PA necessitante dell’utilizzo di una determinata risorsa umana serve posto vacante e previsione assunzionale puntuale (v. PIAO > Piano del Fabbisogno) esattamente del tipo ‘a tempo indeterminato’[7] atteso che poi il comma 2-bis (mobilità privilegiata) determina una assunzione a tempo indeterminato e non a tempo determinato;
> senza il consenso della PA comandante (cioè disponente il comando: l’atto di comando è imprescindibile e...non è certo la PA utilizzatrice che può redigerlo !!!) ed il consenso del dipendente (da comandare altrove), la PA necessitante nulla ottiene,
le modalità da inserire in detto specifico regolamento della singola PA imposto dal Legislatore potranno essere:
- (opzione 1^) del tipo che consentono trattative dirette tra due sole PP.AA. più relativo dipendente interessato, ai sensi del Codice Civile, addivendosi così poi alla fine 8dopo il comando più eventuali proroghe intra triennio), post attivazione comma 2-bis da parte della PA utilizzatrice ad una vera a propria ASSUNZIONE NOMINATIVA DIRETTA DI PERSONALE, in violazione dell’art. 97 Cost.(MODO DELL’UNICUM)?
ovvero
- (opzione 2^) la PA necessitante dovrà annunciare alla galassia delle PP.AA. italiane, per trasparenza e imparzialità e quindi applicazione dell’art. 97 Cost., l’avvio della procedura di individuazione della persona da utilizzare (fermi restando determinati requisiti professionali: che in Italia possono essere posseduti sempre da n. dipendenti pubblici e mai da uno solo) e quindi tale sua necessità urgente di impiego di una specifica risorsa umana anche volta all’assunzione finale diretta a tempo indeterminato ex art. 30 co. 2bis del Tupi, prima della scadenza del triennio, cioè perdurante il comando, a mezzo mobilità cd. privilegiata ex comma 2-bis dell’art. 30 Tupi. (MODO TRASPARENTE).
Dilemma che va sciolto!
Poi è chiaro che se, nonostante la disponibilità di un dato dipendente, la sua PA non è disponibile ad attivare in alcun modo il comando, detto aspirante è inesorabilmente castrato: insomma, la legge non attribuisce ai dipendenti un diritto ad essere comandati ex art. 30 co. 2sexies Tupi. E come potrà andarsene senza il consenso della PA? Semplice per altra via, che dovrà alternativamente essere attuata dal PA necessitante, quella del reclutamento a termine ex art. 19 comma 6 Tupi (o per Enti Locali art. 110 D.Lgs. 267/2000 = Tual) e in tal caso (anche nel Tual) è previsto oltre al diritto dipartita (temporanea) unilaterale presso altra Pa anche il diritto[8] all’aspettativa senza assegni presso la PA datoriale, CHE SUBISCE TUTTO, SENZA NULLA POTER DIRE, ma….c’è un ma: decorsi gli anni dell’incarico, essendo un non comandato ma un mero ‘incaricato’ torna a casa presso la PA datoriale: insomma non scatta il comma 2-bis dell’art. 30 Tupi.
Insomma, la faccio breve sulla questione del DIRITTO O MENO ALL’ASPETTATIVA DEL NOMINATO DIRIGENTE PRECARIO (rinviando alla lettura della nota n. 8 per approfondimenti ulteriori e rinvii ad utili letture sul punto): secondo la indiscussa ed ancora in vigore Circolare della “PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CIRCOLARE 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92. Guida alla redazione dei testi normativi.” il Legislatore in sede di redazione del comma 6 dell’art 19 del Tupi e del comma 5 dell’art. 110 del Tual ha scritto “sono collocati in aspettativa non retribuita” (PRESENTE INDICATIVO CD. IN FUNZIONE IMPERATIVA) senza scrivere “a domanda” e neppure che la PA può valutare se negarla (COME INVECE SCRIVE ALL’ART. 23BIS DELLO STESSO Tupi) una ragione e connesso INDISCUTIBILE SIGNIFICATO LETTERALE vi sarà o no? Ebbene cosa scrive nel 2001 lo Stato italiano nella suddetta “Guida alla redazione dei testi normativi” al § “1.8 Verbi” di pag. 11? Questo:
1.8 Verbi
Nellaformulazionedeiprecettièessenzialelamassimauniformità nell'uso dei modi verbali.
Ilmodoverbalepropriodellanormagiuridicaèl'indicativopresente, modoidoneoadesprimereilcomando.Ilmodocongiuntivoediltempo futurononraggiungonolostessoeffetto,inquantoesprimonol'ipoteticitào lanonimmediatezzadelprecetto.Inognicaso,ilricorsoatempiomodi diversidall'indicativopresenteaccentualadisomogeneitàdeltestoedè, perciò, evitato.
Quindi: interpretando una norma - forse scritta male sul piano dei suoi effetti sulla PA che la subisce (MA QUESTA E’ QUESTIONE DEL LEGISLATORE: NO DELL’INTERPRETATE E DELL’ATTUATORE DELLA NORMA!!!) - che significato si deve dare in primis sul piano della mera interpretazione letterale al mero e nudo precetto “sono collocati in aspettativa senza assegni” (i soggetti che ricevono un incarico dirigenziale a termine presso PA diversa da quella datoriale) secondo detta chiarissima Circolare del 2001? Uno solo: LA PA DATORIALE DEVE COLLOCARE IN ASPETTATIVA, di contro il nominato Dirigente precario HA DIRITTO AD ESSERE COLLOCATO IN ASPETTATIVA. STOP. Sorprende grandemente chi scrive che lo stimato Autore L. Oliveri, commentando il noto Parere DFP-0025780-P-16/04/2021 - il cui redattore non ha dubbi nel rispondere a tale quesito, e arriva a dire che la PA ha facoltà di concedere o negare l’aspettativa, possa così scrivere (v. qui) pur rilevando il presente indicativo in funzione imperativa: “Nel rispetto del particolare lessico del Legislatore, si considera che l’utilizzo dell’indicativo presente svolge la funzione di imperativo e, quindi, la gran parte degli operatori e degli interpreti (per tutti, R. Salimebni, “Il diritto all’aspettativa per gli incarichi dirigenziali o equiparati”, in ilpersonale.it; in senso contrario, C. Demartis “Collocamento in aspettativa in base all’art. 110, comma 5, del D.Lgs. 267/2000. Diritto soggettivo o interesse legittimo. Le ragioni per cui è necessario non fermarsi ad una interpretazione letterale” in www.segretarivighenzi.it) ritiene che la norma vada intesa nel senso di obbligare le amministrazioni a collocare in aspettativa i dipendenti pubblici incaricati come dirigenti a contratto in enti locali. Il parere del Ministero della Funzione Pubblica 3.2.2021, n. 7147-P/2021[9] risulta molto utile per provare a dirimere la questione e convincere che, contrariamente al pensiero maggioritario, l’aspettativa menzionata dall’articolo 110, comma 5, del d.lgs 267/2000 non è affatto un diritto soggettivo del lavoratore, ma resta esclusivamente una sua aspettativa mera.
Un passaggio fondamentale, nell’interpretazione, è verificare se quella letterale risulti conchiusa e sufficiente. Bisogna, cioè, provare ad estendere l’interpretazione adottando altri criteri e così comprendere se quella letterale resista. A tale scopo, è necessario utilizzare l’interpretazione sistematica, mediante la quale si mette la norma da interpretare in rapporto ad altre relative alla medesima materia esistenti nell’ordinamento, in modo da comprendere se l’interpretazione letterale non vada a porsi in contrasto con il sistema ordinamentale.
E’, allora, opportuno seguire il percorso interpretativo sistematico suggerito da Palazzo Vidoni. Esso si riferisce direttamente all’aspettativa disciplinata dall’articolo 23-bis del d.lgs 165/2001, ma, correttamente, amplia l’analisi anche ad altre fattispecie.”. E’ evidente che...