TESTIMONIANZA IN GIUDIZIO: ASSENZA DAL LAVORO A CHE TITOLO E CHE DIRITTI SI HANNO?
TESTIMONIANZA IN GIUDIZIO: ASSENZA DAL LAVORO A CHE TITOLO E CHE DIRITTI SI HANNO?
Commento ragionato a Orientamenti applicativi Comparto Funzioni Locali CFL 248 del 25.01.2024
20 Febbraio 2024
00 – IL CONTESTO NORMATIVO E LAVORATIVO IN CUI NASCE L’ESIGENZA DI TESTIMONIARE IN MOLTI CASI PER I DIPENDENTI PUBBLICI
Capita sovente che taluni spiacevoli fatti della vita, aventi rilevanza civile o talvolta anche penale, siano rilevati, a mezzo verbali, da dipendenti pubblici, pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, tenuti per legge a farlo. Il verbale è un atto pubblico (v. art. 2699 c.c.) anche se non lo ha redatto un pubblico ufficiale ma un mero incaricato di pubblico servizio ai sensi del c.p..
Preciso meglio:
>>> secondo la legge penale
- “sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi” (articolo 357 del codice penale);[tale è indubbiamente un Ufficiale di Polizia Municipale]
- “sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima, e (((ma..)) con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale (((in tal caso non si ha neppure la figura dell’incaricato di un pubblico servizio)))” (articolo 358 del codice penale). [tale è indubbiamente un Agente di Polizia Municipale]
>>> nel codice civile (ad es. art 2699 “L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato”) invece “Il concetto di pubblico ufficiale non è dato dal codice ma da una serie di leggi speciali, le quali, nel conferire a taluno la facoltà o il dovere di compiere determinati atti, dichiarano espressamente o tacitamente che tali atti sono coperti dalla fede pubblica (v. articolo seguente) [ecco perché è atto pubblico anche quello redatto da incaricato di pubblico servizio]. E’ pertanto dalla funzione che si risale all'organo. Nella relazione ministeriale al cod. pen. citata da Manzini, si legge : « il formare, essendone per legge autorizzato, e nella sfera della propria competenza, atti ai quali la legge attribuisce pubblica fede, costituisce una funzione, l'esercizio della quale determina, in colui che forma l'atto, la qualità di pubblico ufficiale ». Il codice civile si limita ad indicare specificamente i notai, la cui funzione è regolata dalla legge 16 febbraio 1913, n. 89 e da successivi provvedimenti.”[1]. Quindi stando al c.c. anche il verbale redatto da un mero Agente di Polizia Municipale è atto pubblico cioè mezzo di prova (di tipo precostituito) di tipo documentale munita di fede privilegiata come dispone l’art. 2700, ma leggerlo bene (su cosa esattamente cade detta ‘fede’ privilegiata):
“L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, (((unicamente))) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.”.
Fatto? Allora si comprenderà:
>>> la seguente, ex plurisbus identiche, pronuncia della Cassazione civile, Sez. VI-1, ordinanza n. 20214 del 25 luglio 2019: (massima) l'efficacia probatoria dell'atto pubblico, nella parte in cui fa fede fino a querela di falso (((cd. fede privilegiata))), è limitata agli elementi estrinseci dell'atto, indicati all'art. 2700 c.c., e non si estende al contenuto intrinseco del medesimo, che può anche non essere veritiero.
E' pertanto ammessa qualsiasi prova contraria, nei limiti consentiti dalla legge, in ordine alla veridicità e all'esattezza delle dichiarazioni rese nel menzionato atto dalle parti. (Nella specie, la S.C. ha escluso che fossero munite di fede privilegiata le dichiarazioni dei contraenti, riportate nell'atto pubblico di "finanziamento ipotecario", relative all'esigibilità del credito garantito). (Rigetta, TRIBUNALE BRESCIA, 13/10/2017);
oppure la seguente in tema di sanzioni amministrative, Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2008, n. 25842 : (massima) il verbale di accertamento dell'infrazione fa piena prova, fino a querela di falso (((è cioè prova documentale cd. privilegiata))), con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento, oppure (((in ordine ai fatti))) da lui compiuti, nonché (((fa piena prova))) riguardo alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni (((a lui rese))) delle parti.
Non può essere, invece, attribuita la fede privilegiata
nè ai giudizi valutativi,
nè alla menzione di quelle circostanze relative ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale che possono risolversi in suoi apprezzamenti personali,
perché (((trattsi di elementi))) mediati dall'occasionale percezione sensoriale di accadimenti che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo (In applicazione del principio la S.C. ha ritenuto potersi attribuire pieno valore probatorio al verbale con cui gli agenti della polizia municipale avevano attestato che il conducente l'autovettura, al momento dell'ordine di fermata, non indossava la cintura di sicurezza, non potendosi ritenere che tale forma di constatazione fosse qualificabile come una mera sensazione)”.
>>> e, quindi, perché capita sovente che gli Avvocati in cause civili o penali) o i PPMM in processi penali chiamino il redattore del verbale a ‘rendere testimonianza’ (mezzo di prova non precostituito: si forma dinanzi al Giudice nel processo: dichiarazione orale, che viene anche verbalizzata) non certo - si spera: trattasi di prova documentale precostituita e privilegiata !!! - sui fatti verbalizzati, ma sulle circostanze non coperte da detta ‘fede’ ma probabilmente utili all’interesse di una delle parti del processo, eccome! Diversamente opinandosi, non si comprende perché cosi tanto spesso ad es. gli agenti di Polizia Municipale vengono, dopo aver redatto e sottoscritto un verbale di constatazione di sinistro stradale, citati in giudizio quali testimoni. Fatto sta che questo evento processuale è frequentissimo e per di più a distanza di anni da quando il verbale è stato redatto e magari il redattore (o meglio i redattori: sono sempre in due!) si sono trasferiti in altra PA.. E come si assentano dal lavoro per andare a testimoniare i dipendenti pubblici verbalizzanti ? A che tipo di legittima assenza dal lavoro ricorrono ???
01 – LA POSIZIONE DELL’ARAN NEL SILENZIO DEL CCNL – LE OO.SS. STANNO A GUARDARE.
Ora, l’Italia è uno strano Stato di diritto, il dipendente, privato o pubblico che sia, ha 1 giorno di permesso retribuito per donare il sangue e nessun permesso ‘dedicato’ per rendere testimonianza e l’art. 366 c.p. punisce pure il testimone che ottiene con mezzi fraudolenti l’esenzione dall’obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, davvero, leggere:
Art. 366 - Rifiuto di uffici legalmente dovuti.
[I]. Chiunque, nominato dall'Autorità giudiziaria perito [61 c.p.c.; 221 c.p.p.], interprete [122-124 c.p.c.; 143 c.p.p.], ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale [259 c.p.p.], ottiene con mezzi fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da 30 euro a 516 euro.
[II]. Le stesse pene si applicano a chi, chiamato dinanzi all'Autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
[III]. Le disposizioni precedenti (((commi 1 e 2 !!!))) si applicano alla persona chiamata a deporre come testimonio dinanzi all'Autorità giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.”
Orbene, nonostante la delicatezza e l’importanza per la legalità di questa peculiare quanto necessitata assenza dal lavoro, da sempre o quasi i CCNL tacciono vergognosamente sulla stessa: semplicemente non normandola. Affari del chiamato a testimoniare insomma ! Da qui il soft law[2] dell’ARAN in materia. Vediamolo.
Davvero l’ARAN, nel silenzio del ccnl - di cui è in parte essa stessa gravemente colpevole -risponde ‘affari (personali) del dipendente’, che pure secondo il c.p. d-e-v-e compiere tali “uffici legalmente dovuti”. Ecco sui datati pareri richiamati dalla Federazione Gilda (Associazione Professionale GILDA degli insegnanti di VENEZIA - FEDERAZIONE GILDA UNAMS: https://www.gildavenezia.it/permesso-per-testimonianza-in-giudizio/#:~:text=Gli%20articoli%20225%20del%20Codice,mancata%20presentazione%20innanzi%20al%20giudice.), ben sintetizzandoli e ben inquadrando l’assurda situazione in cui versano i lavoratori italiani, tutti, pubblici come i privati:
Permesso per testimonianza in giudizio Quale tipo di permesso può usufruire un dipendente della scuola, sia esso docente o ATA, con contratto a tempo indeterminato o con supplenza breve che sia chiamato a testimoniare in un giudizio civile o penale? Gli articoli 225 (((ERRORE è il 255[3]))) del Codice di Procedura Civile e 132 (((riguarda l’imputato))) e 133 (((riguarda anche il testimone)))[4] del Codice di Procedura Penale indicano che il dipendente è obbligato a comparire davanti al giudice per la testimonianza. Tali articoli prevedono l’accompagnamento coattivo o il pagamento di somme per la mancata presentazione innanzi al giudice. L’ARAN attraverso gli orientamenti applicativi RAL917 del 2011 e RAL_1773 del 2015, si è espressa in materia fugando ogni tipo di dubbio a tal riguardo. L’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni dà delle indicazioni partendo dal tipo di testimonianza. Se il dipendente è chiamato a testimoniare per una pubblica amministrazione è considerato a tutti gli effetti in servizio. Può usufruire, senza l’obbligo di dover recuperare, di un permesso orario o dell’intera giornata e non dovrà effettuare nessuna richiesta di permesso. Se, invece, il dipendente non è chiamato a testimoniare per favore o per conto di pubblica amministrazione, ma in un normale processo civile o penale sarà costretto a ricorrere ai normali permessi previsti dal CCNL. Il contratto, però, non annovera tra le forme esistenti quella di permesso per la testimonianza in giudizio, né tantomeno i due codici prevedono permessi di questo tipo. Il dipendente potrà, quindi, usufruire di permessi per motivi personali e familiari, ferie o permessi da recuperare. |
Vediamoli questi incredibili ma veri orientamenti applicativi RAL917 del 2011 e RAL_1773 del 2015:
RAL917_Orientamenti Applicativi
A quale istituto occorre far riferimento per le assenze del lavoratore chiamato a rendere testimonianza giudiziale?
Nel caso che il dipendente chieda di assentarsi dal servizio per rendere una testimonianza giudiziale ed essa non è svolta nell’interesse dell’amministrazione l’assenza sarà imputata a ferie, permesso a recupero o permesso per particolari motivi personali.
RAL_1773_Orientamenti Applicativi
Nel caso di un dipendente citato in giudizio in qualità di testimone per una causa attinente all’ente, lo stesso deve essere considerato in servizio oppure deve fruire di un permesso retribuito? Spetta il trattamento di trasferta effettuata con il mezzo proprio?
Su tale problematica, la scrivente Agenzia non può che richiamare, preliminarmente, le indicazioni giù fornite in materia con gli orientamenti applicativi RAL917 e RAL920 secondo le quali, se il dipendente chiede di assentarsi dal servizio per rendere una testimonianza giudiziale in un processo civile o penale ed essa non è svolta nell'interesse dell'amministrazione, lo stesso potrà imputare l’assenza (((forzata: non può sottrarsi))) secondo un suo autonomo giudizio (((libertà immensa !!!))) a ferie, permesso a recupero o permesso per particolari motivi personali.
Se invece il dipendente rende la testimonianza (in un processo civile o penale) nell’interesse dell’ente egli deve essere considerato in servizio.
Sarà l’ente, pertanto, sulla base degli specifici elementi informativi di cui dispone in proposito nella sua veste di datore di lavoro, a valutare la riconducibilità della concreta situazione determinatasi all’una o all’altra fattispecie.
Pertanto, se sussiste la condizione della finalizzazione della testimonianza alla tutela dell’interesse dell’amministrazione, secondo i consueti principi di logica e ragionevolezza, non sembrano esservi ostacoli vi sono ostacoli all’equiparazione della assenza per testimonianza al servizio reso. Solo in questa ultima ipotesi, proprio perché l’assenza equivale al servizio reso, al dipendente potrebbe essere riconosciuto anche il trattamento di trasferta, ovviamente, ove ricorrano le precise condizioni legittimanti previste dall’art.41 del CCNL del 14.9.2000.
Tuttavia, in materia, occorre ricordare che:
a) l’art. 1, comma 213, della legge n.266/2005 ha disposto la soppressione dell’indennità di trasferta prevista dalla disciplina contrattuale; l’art. 6, comma 12, della legge n.122/2010 ha disposto, sia pure con alcune eccezioni, il venire meno delle disposizioni, anche contrattuali, che prevedevano il rimborso delle spese sostenute dal dipendente autorizzato a servirsi, per la trasferta, del...